venerdì 28 dicembre 2012

Riflessioni notturne.

Il rumore della pioggia è musica in confronto al frastuono che ho dentro. Un tumulto di voci contrastanti abitano la mia mente, mentre il mio cuore è muto, immobile, gelido. La realtà non mi intacca, non graffia la pesante corazza che mi protegge. Da cosa? Dal Mondo, dal Vento, dalla Terra, dal Sole, dalla Felicità, dalle  Persone. Paura. Semplice paura. Una protezione, a volte, una trappola e io sono la sua preda. Inerme, mi abbandono alla dolcezza di uno scudo protettore, chiudendo tutto fuori da me.

giovedì 20 dicembre 2012

In una piccola parte di Universo.

Vorrei poterti tenere stretto a me, fermando il mondo là fuori. Gira troppo in fretta, sembra impazzito, ma in realtà fa impazzire noi, le sue prede. Quindi, perché non ti va di giocare un po', lasciando il Mondo fuori, scoprendo questa piccola parte di Universo?

domenica 16 dicembre 2012

Dedicato a noi.

Neve che cade delicatamente sul mondo, mentre il giorno volge al termine. Paure, ansie, delusioni: tutto si scioglie, tutto svanisce con l'arrivo della protagonista invernale. Tutto si ferma, noi no. Noi non ci fermiamo mai. Respiriamo, parliamo, giochiamo. Un gioco di sguardi, poche parole, solo fatti. Giochi di mani, giochi di labbra. Come bambini, inventiamo regole per infrangerle. Solo per quello, se no che divertimento c'è. Non esiste divertimento alcuno se non quello di nascondersi dal mondo. La neve scende, e noi ci nascondiamo. Ma la felicità si cela dietro le piccole cose: un divano, una coperta, una tazza di thè fumante, meglio una cioccolata, a volte. Attimi: questa è la felicità. Eterni, sì, ma attimi a cui ci aggrappiamo, quando la neve si scioglie e i tormenti tornano, quando le giornate troppo lunghe ti portano lontano da me, da quel noi indivisibile perché ovunque sono io c'è sempre una parte di te, e ovunque tu sia ti accompagnerà sempre un po' di me. 

Neve che cade delicatamente sul mondo, mentre il mattino sorge e noi ci siamo ancora. Giochi di parole, oggi. Niente fatti, niente azioni. Solo noi, e fiumi di sussurri che si disperdono nel tempo. Il gelo là fuori ci invita a restare in casa, il caldo, accogliente, ci culla. Dubbi, incertezze e preghiere prendono forma e ce li regaliamo, come doni, li custodiamo, per sempre in noi. Un'altro giorno, come un'altra vita, quasi infinito ma ogni cosa svolge al termine, magari apparente. Noi che viviamo questa fine come un addio ci portiamo dentro dolori invisibili, piaghe, ferite, che dolcemente curiamo con il nuovo giorno che nasce.

Neve che cade delicatamente sul mondo mentre mi abbandono tra le tue braccia. 

martedì 11 dicembre 2012

La nuova rubrica, tutta creativa.

Da qualche tempo, oltre ad amare infinitamente la mia creatura, curo anche una rubrica sul sito "ILTEMPOLASTORIA" , intitolata " Stelle Creative". Scrivo di giovani creativi, che ogni giorno lottano per migliorare la nostra Italia e dare al mondo uno sguardo diverso, creativo e vero. Ecco il link. Spero che vi piaccia. Vi auguro buona lettura.
Un abbraccio a chi, ogni giorno, mi legge e mi apprezza, un doppio ringraziamento a chi mi disprezza perché grazie a loro riesco a migliorarmi, giorno dopo giorno.
Grazie.
La vostra appassionata Lu.

http://www.iltempolastoria.it/category/rubriche/stelle-creative/

giovedì 6 dicembre 2012

Totalmente estranei.

Stavamo in silenzio, l'uno accanto all'altro. Non parlavamo. Avevamo molto in comune, una vita quasi. Lo sguardo di lui era perso, lontano, immerso nella foschia mattutina della stazione. Non poteva immaginare chi gli stava seduto accanto. Non sapeva chi ero davvero. Per lui ero un ragazzo qualsiasi che si era seduto accanto sul treno delle 7.oo. Invece ero molto di più. Mi perdevo nelle sue rughe, nei movimenti delle sue mani, veloci sui fogli lente sulle zip. Io lo conoscevo come un sogno lontano, un desiderio irreale. Lettere immense scritte per lui e ora potevo perdermi nel suo profumo. I suoi capelli mi erano assai familiari, come quel colore dei suoi occhi immersi nel grigio della città che scappava attraverso i finestrini. Una vita a immaginarmelo e ora potevo sfiorarlo, casualmente. La sua foto, ormai logorata all'interno della tasca dei jeans non gli dava giustizia. Volevo parlargli. digli qualcosa, ma le parole si bloccarono in gola, mentre il gole impazzito non mi dava il tempo di pensare. Io ero lui, lui era me. Solo il pensiero che eravamo così uniti ma totalmente estranei mi faceva girare la testa. Pensavo a noi, mentre lui si alzò, di scatto, dirigendosi verso la porta del vagone. Era la sua fermata. Un tonfo al cuore, un magone improvviso. Mentre lo vedevo correre attraverso gli enormi finestrini, notai come le sua braccia dondolassero appena. Eravamo più simili del previsto. Mi aggrappai a quel pensiero, mentre mi si riempiva il cuore di un amore incondizionato. Che bello che era il mio papà.

lunedì 3 dicembre 2012

La creatività è un pozzo senza fondo. Alcuni continuano a cercare, altri non si danno per vinti, alcuni dopo il primo sorso pensano di aver trovato la fonte, molti non cercano più. Ma per fortuna è sempre lì con noi.

domenica 25 novembre 2012

La piccola Parigi- Un venerdì pomeriggio diverso.

Era un caldo giorno di primavera. Avevo staccato prima dall'ufficio, era un venerdì noioso e senza molto lavoro; avevo quindi deciso di tornarmene a casa. Un programmino me lo ero già fatto: prendere la bici e pedalare lentamente godendomi il primo caldo. Magari avrei chiesto a mia moglie di seguirmi, tanto per non sentire le sue lamentele quando sarei tornato a casa, la sera. Camminavo con una lentezza degna dei miei anni. Nessun pensiero, nessun dubbio. Qualche idea filosofica sul perché il mondo del lavoro non era più quello di una volta, ma niente più. Ero arrivato davanti al portone e con una calma fuori dalla mia portata, ho aperto la porta. Un pensiero lieve mi aveva sfiorato, forse avrei dovuto avvisarla, mia moglie. Ero arrivato davanti alla porta di casa e lentamente girai la chiave nella toppa mentre dei tonfi strani arrivavano da dentro. Insospettito, ero entrato più velocemente del dovuto e la scena che mi si piazzò davanti mi paralizzò: mia moglie, vestita con un leggerissimo velo di lenzuolo e il signore del quinto piano, munito di mutande slabrate e pelo al petto lungo almeno venti centimetri, mi guardavano. Lei cominciò ad urlettare qualcosa, mentre lentamente avevo appoggiato la mia ventiquattr'ore a terra. Forse la mia espressione sorpresa e un po' divertita, il signore peloso del quinto piano l'aveva fraintesa per imbestialita, incazzata e arrabbiatissima, perché d'improvviso si era diretto urlando verso la finestra, ha lanciato un bacio verso mia moglie e poi si è buttato. Una scena da film romantico sudamericano o qualcosa del genere. Si era evidentemente dimenticato che ci eravamo trasferiti al primo e non abitavamo più al piano terra, come gli anni prima. La cosa più buffa è stata quando, urlando, continuava a ripetere che gli faceva male una gamba, mentre la signora del sesto piano, munita di bastone, gli chiedeva chi l'aveva buttato giù. Vedendo mia moglie affacciata al balcone, sconvolta, la signora del sesto piano urlava contro di lei "sconsiderata". Il risultato di quel venerdì pomeriggio fu una gamba rotta e un divorzio rimandato da troppo tempo. Ah, e una pedalata in santa pace.

mercoledì 14 novembre 2012

Non è difficile dimenticare le persone, è il pensiero di com'eri tu con esse che non ti abbandona.

martedì 13 novembre 2012

Nel freddo della sera solo un abbraccio riscalda, ciò che il caldo giorno ha congelato.

lunedì 12 novembre 2012

Diventare Donna.

Non ho mai capito di aver toccato il fondo finché non mi sono guardata allo specchio. Era una mattina di sole ed io ero a casa tua. Come ogni volta, mi ero appena alzata dal letto dove per una notte eravamo stati una cosa sola. Mi pettinavo, guardando la luce che, filtrando attraverso le tapparelle, disegnava cerchi luminosi sul mio corpo nudo. Mi guardavo ma non vedevo la realtà che si celava dietro la mia ossessione: tu. Ogni parola era dedicata a te, ogni gesto serviva ad avvicinarti, una volta di più. Mi ero eclissata per vivere solo di te. Non avevo nient'altro che riempisse le mie giornate, nient'altro che riuscisse a farmi sorridere. Ma in fondo neanche tu mi facevi sorridere. Ero un'altra bambola, ero un'altra pedina del tuo gioco personale. Amavi usare le persone tanto quanto io amavo te. E poi, in quella mattina di sole, mi passasti accanto. Neanche uno sguardo.Come invisibile, mi hai oltrepassato e vestendoti neanche una parola per me, che ero la tua donna. Niente. Solo silenzio, solitudine riempita dalla tua voglia inarrestabile del mio corpo. O di un corpo di donna. E in quel silenzio pieno di certezze, lentamente mi guardai intorno e capii di aver toccato il fondo. Ma dal fondo non si può che risalire, tra pianti, notti insonni e dolore ho imparato ad agire. Ho imparato ad amare prima me e poi gli altri. Ho imparato ad amare sinceramente. Ho imparato che, in fondo, se non ci fossi stato, non avrei imparato a diventare donna da sola.

giovedì 8 novembre 2012

La notte porta i pensieri che il giorno non ha il coraggio di mostrare.
Tutti i geni sono pazzi. Non ti illudere che nella tua normalità tu sia migliore di loro.

mercoledì 7 novembre 2012

A volte le speranze scompaiono e lasciano il posto allo sconforto. Solo un respiro profondo e qualche lacrima riescono a peggiorare tutto, o lo migliorano.
Inizia oggi a creare chi vorrai essere.

martedì 6 novembre 2012

L'amore ha la capacità di farci odiare terribilmente l'altro, continuando ad amarlo in modo sconcertante.

lunedì 5 novembre 2012

Era bello.

Oggi mi è capitato tra le mani un nostro vecchio album di foto. Erano solo foto nostre, niente più. Mi ricordo le sere passate a scegliere quale, tra le mille foto scattate durante l'anno, avremmo messo tra le pagine di un album nuovo di zecca. Quello di oggi era pieno di foto in cui ridevamo, tu mi abbracciavi, stretta stretta, e mi schioccavi baci su tutto il viso. Ecco, è questo quello che mi manca di più. Vederci ridere. Era bello perdersi nelle nostre risate.

lunedì 29 ottobre 2012

"Quando ero bambina" il secondo racconto pubblicato su Poems, una pagina di facebook. Spero vi piaccia :D BUONA LETTURA!


Era bello quando il mio mondo era fatto solo di fantasia. Semplicemente giocavo e non mi
servivano altro che vecchi vestititi, usati, stracciati, stropicciati e diventavo una principessa, una
gonna lunga, nera, bordeaux, un vestito che cadeva giù fin sotto i piedi e mi scoprivo già strega. Mi
bastavo da sola. Chiudevo la porta e il mio mondo iniziava: mille avventure si articolavano tra
mondi fantastici, terre lontane, magie nascoste. Amori impossibili erano reali e ogni ostacolo veniva
superato. Con una bacchetta magica aggiustavo tutto, con un incantesimo guarivo ogni male. Ero in
pericolo? Riuscivo a salvarmi. Non servivano parole, non serviva la voce. Tutto viveva con e dentro
di me. In quella piccola stanza nacquero le mie passioni, attraverso pomeriggi di gioco. Crescevo a
pane, fantasia e fantasy. Chiusa la porta, aprivo il mio mondo. Nessuno poteva saperlo. Era il mio
piccolo segreto. Davanti a me si stendevano terre verdi e fiorite, castelli enormi dove potevo
perdermi, scope volanti e draghi sputa fuoco. Ogni gioco diventava storia, ogni storia la scrivevo sul
mio piccolo diario, anzi sui miei diari. Ne avevo mille, come le mie avventure. Ma poi la porta si
apriva facendo entrare i grandi e il loro noioso mondo. E tutto finiva, almeno per un po'.
Ringrazio Pomes per l'opportunità e il sostegno, in particolare ringrazio Lucia per il continuo aiuto.
Grazie mille!

venerdì 26 ottobre 2012

Questa è l'intervista fatta a me da Vincenzo Bosco. Mi ha fatto pensare pensare molto, mi ha fatto interrogare su cosa pensavo del mondo. Buona lettura. Post pubblicato su : http://unknowntale.blogspot.it/2012/10/intervista-martina-pumo-blog-vita-o.html


Intervista Martina Pumo. Blog; vita o passione?


Salve amici lettori!
E’ un piacere ed un grande onore per me,  rivolgere ad una Blogger del tuo calibro un’intervista. Inizierei con una domanda molto semplice.  A molti lettori piace scoprire chi c’e’ dietro a quelle pagine ricche di emozioni e poesia, quindi ti chiedo:

- Chi e’ davvero, Martina Pumo? 

Martina Pumo è un insieme di sogni e di speranze,
mescolati tra loro con allegria e un pizzico di pessimismo. Ha conosciuto il significato di
svariate parole che le hanno lasciato cicatrici più o meno visibili e cerca di non buttarsi giù.
Se a tutto questo aggiungi la giusta quantità di creatività, nervoso e l'essere permalosa
penso che questa sia Martina Pumo. Ma devo ancora imparare a conoscerla bene.

- Com’e’ la tua giornata tipo? Oltre alla scrittura, quali sono i tuoi hobby
preferiti? 

Mi sveglio sempre abbastanza presto, non troppo, e dopo essermi presa un
po' cura della casa, cerco lavoro. Questa è una parte un po' frustrante della mia vita
perchè purtroppo non sta dando i suoi frutti. O sul pc o andando in giro lasciando mille
curriculum, perdo gran parte della giornata. Per fortuna nessuna giornata è uguale all'altra:
amo uscire, soprattutto girare per Milano. Amo anche leggere e scrivere. Questi sono gli
hobby che riempiono i miei giorni. Adoro guardare i telefilm, sono proprio fissata. Se me ne
piace uno, guardo tutte le stagioni “no stop”. Non è una bella cosa, soprattutto se hai delle
cose da fare. La sera, poi, trovo molto rilassante stare a casa, a guardare un film oppure
adoro uscire. Mi piace stare in compagnia delle persone, in particolare con alcune.
Un'altra mia grande passione è la cucina, soprattutto la pasticceria. Cerco di inventare
sempre nuove ricette, a causa delle mie intolleranze alimentari e trovo la decorazione di
dolci un mestiere fantastico, infatti è proprio in questo ambito che cerco lavoro.

- Stai frequentando l’ultimo anno scolastico della IPSAR A. Vespucci di
Milano. Quanto sta influendo questo indirizzo di studio nel tuo modo di
scrivere o nelle tue storie?  

Scegliere l'istituto alberghiero come indirizzo di studio ha
cambiato notevolmente il modo in cui vedo e vivo le cose. Oltre ad aver conosciuto
persone che riempiono la mia vita di felicità, ho imparato ad amare l'arte. Grazie alla
cucina e soprattutto alla pasticceria sono riuscita a capire cosa voglio dalla vita. In questo
istituto sono nate tutte le mie passione, o meglio ho imparato a conoscerle. Grazie al mio
professore di italiano (che stimo profondamente) ho capito quanto amo la scrittura. Scrivo
da sempre, ma la certezza che sarebbe diventata una passione che mi avrebbe
accompagnato per tutta la vita, l'ho avuta solo in quarta superiore. La passione per la
cucina a volte la passo nei miei racconti, ma non in maniera esplicita. Per esempio,
scrivere un racconto, per me, è come fare una torta: ci vuole tempo, pazienza, amore e
soprattutto impegno. Per entrambi ci vogliono gli ingredienti giusti, il giusto tempo e luogo.
Ognuno di loro ha un momento di “lievitazione” (magari in forno) e la lenta cottura. Quando
sono pronti li sforno e li servo, quasi mai su un piatto d'argento.

- Perche’ hai deciso di fare la Blogger?



L'idea di creare un blog è nata poco più di
un anno e mezzo fa.  Avevo passato un momento davvero difficile in cui ho capito che la
vita può essere davvero breve e non bisogna perdere tempo, se si ha un sogno si deve far
di tutto per realizzarlo. Qui è nata Dipingi il cielo e fallo tuo, la mia creatura. Ho deciso di
scrivere qui i miei racconti perchè il mio sogno è far conoscere al mondo ciò che scrivo e
sono convinta che non ci sia nulla di più mondiale della rete. Poi ho scoperto che molte
case editrici  (non tutte per fortuna) chiedono molti soldi per la pubblicazione di un libro: un motivo in più che mi ha spinto a scegliere il web.

- Qual’e’ il post di tua creazione che preferisci? Perche’?
  


Se devo essere
sincera, non ne ho uno preferito. Penso che ho ancora molta strada da fare per far sì che
una storia mi piaccia fino in fondo. Dall'altra parte ogni post è speciale, perchè per farlo ci
ho pensato su, l'ho scritto magari su qualche foglio o sul computer e dopo mille correzioni
lo pubblico. Altre volte lo scrivo di getto e non lo rileggo. Sono affezionata ai primi post, i
primi passi che ho fatto nel blog. Ecco, sono questi i miei preferiti.

- In quali momenti della giornata preferisci scrivere?


Ogni momento è buono.
Amo scrivere la mattina presto, la sera tardi e nel pomeriggio. Mi piace scrivere quando
sono da sola e il silenzio regna in casa, ma trovo ispirazione anche in mezzo alla gente
come quando ero in classe o nei Cafè. Ultimamente mi piace scrivere su un quadernetto
quando le persone intorno a me e cominciano a parlare, per esempio se sono seduta in
metro o quando i miei guardano la televisione. Se mi viene un'ispirazione e sto
camminando, prendo il quadernetto e scrivo. Lo porto sempre con me, perché non so mai
quando arriverà un'idea geniale o una completa cavolata, quindi devo essere sempre
pronta.

- Perdendomi nel tuo meraviglioso Blog, mi son reso conto che tutti, o
quasi tutti i post sono autobiografici. Non provi vergogna ad esternare il
tuo “io” cosi’ facilmente?
 Sinceramente si, per questo scrivo sotto le sembianze di
Lu. Potrei definirla il mio alter ego, ma credo che sia semplicemente la mia parte creativa
anzi la mia racconta storie. Perchè è quello che faccio: racconto storie più o meno vicine a
me. Non sempre sono autobiografiche, anche se può sembrare. Scrivere in prima persona
ha molti pro e anche qualche contro: da una parte aiuta chi scrive e chi legge a
immedesimarsi meglio nei panni del personaggio; dall'altra inganna e sembrano
autobiografici. Credo che i miei post autobiografici siano una decina. Gli altri sono tutti
inventati, ma è inevitabile che in ognuno di essi abbia messo qualcosa di me. Per questa
ragione, non so se definirli autobiografici o meno.

- La realta’ milanese ha influito notevolmente nei tuoi scritti?
 


Credo di si.
Milano ti entra dentro. Ha l'atmosfera di un amore, è frenetica e intensa. Ogni strada ha
qualcosa di nascosto, di speciale. Ogni zona un parco da scoprire. Per non parlare dei
mille negozi e botteghe. E' una città eterna ma sempre in evoluzione. Credo che ogni
persona che scriva e sia stata a Milano sarà per sempre contagiata, influenzata dalla
realtà milanese.   

- Cosa ne pensi dell’amore?
 


L'amore è il carburante che ci mette in moto. Se ami e
vieni ricambiato, se ami e non vieni ricambiato, se non ami e vieni amato, se ami e basta ti
senti vivo. Penso che l'amore sia possibile in ogni forma, in ogni persona, in ogni coppia.
Nell'amore è idiota essere razzisti. L'amore è amore, quindi non capisco come si può
essere contro delle coppie che si amano.

- Meglio amare ma soffrire, o non amare e non soffrire?
 


Credo che sia
impossibile non amare. Amerai sempre. Anche quando hai sofferto o stai soffrendo. Non
puoi decidere di non amare più. L'amore è incondizionato e quindi non si può scegliere se amare o non amare. Io amo l'amore quindi dirò sempre che è meglio amare.

- Sei fidanzata? Il tuo ragazzo cosa ne pensa di questa tua mente
sognatrice? 
Si, sono fidanzata e sono contenta di stare con il mio migliore amico. Lui
pensa che io sono fortunata a sognare così e per questo ho una mente abbastanza
contorta. Dice che io ho molti più desideri di lui, ma io non lo credo affatto.

- Cosa significa per te la parola amore?
  Secondo te, con il continuo
evolversi delle nuove generazioni questa parola sta perdendo del suo vero
e profondo significato? 
 Qualche tempo fa ho scritto che amore significa fare la dieta
insieme. Non perchè bisogna privarsi di qualcosa, ma perchè bisogna condividere e stare
vicino alla persona che ami nei bei momenti ma soprattutto nelle difficoltà. La nostra è una
società materialista, che sta mettendo un prezzo a tutto. Tutto questo ha portato a una
materializzazione dei sentimenti, soprattutto dell'amore. Le persone stanno diventando
sempre più egoiste,portandole ad amare solo quando hanno tempo o voglia. Per questo
spospolano gli Scopa amici. Scusa le parole, ma penso che sia la verità. Vedo nonni che
si amano per anni e ragazzini che si lasciano subito. Ma anche anziani divorziati e ragazzi
fidanzati da anni. Non penso che sia un problema delle nuove generazioni, ma un
problema della società. Nessuno è escluso, purtroppo.

- Cosa ne pensi delle scappatelle? Se il tuo ragazzo baciasse una persona
mentre non e’ lucido, tu come reagiresti?

Personalmente non le approvo e sono
sicura che non lo perdonerei. Odio solo il pensiero. Ma parlo per me. Sono gelosa,
permalosa e molto possessiva, quindi credo che no, non lo perdonerei e non le
approverei.

- Quali nuovi post hai in programma? 


Ho ancora tante storie da raccontare. Tra
poco pubblicherò il racconto che è stato pubblicato su una pagina di facebook. Poi vorrei
allungare i dialoghi tra Lu & Po, perchè è da troppo tempo che non litigano un po'. Forse
aggiungerò una nuova pagina, ma non c'è ancora nulla di sicuro. Di sicuro so solo che
continuerò a scrivere, anzi a raccontare.

- Hai mai vinto qualcosa grazie alla tua attivita’ di blogger? Quanto
contano i premi? 

 Ho vinto un piccolo premio nazionale, ma non grazie alla mia attività
di blogger. Sarei stupida se dico che i premi non contano, anzi per me contano molto.
Dopo aver vinto il concorso, ho acquistato più fiducia in me stessa. Prima, poche persone
sapevano dell'esistenza del blog e della mia passione per la scrittura, forse è anche per
questo che ho deciso di chiamarmi Lu (oltre per la privacy); dopo la premiazione ho
incominciato a dirlo a tutti. Non mi vergognavo più di essere me stessa. L'ho detto anche
al mio professore di italiano. Adesso lo dico tranquillamente a chiunque. Le persone si
stupiscono quando leggono Lu  e mi chiedono chi è. E' strano, ma credo che Lu mi
nasconda dai pregiudizi della gente. Ma ora ho imparato ad ignorarli.

- Scrivi per gli altri o te stessa?
 


 Scrivo per Martina e per Lu. A volte scrivo per
sfogarmi, altre per stupirmi, alcune per mettermi alla prova ma sempre perchè ho qualcosada raccontare. Scrivo per me e a volte ho vergogna che qualcuno legga i miei racconti
davanti a me. Un'altro motivo per il quale ho scelto di aprire un blog.

-Grazie di aver regalato parte del tuo prezioso tempo. Possiedi un talento eccezionale.
Spero che il mondo ti 
sorrida sempre e che questa tua mente colorata possa dipingere sempre e comunque qualcosa di magnifico nei nostri cuori.  Il tuo blog: http://dipingiilcieloefallotuo.blogspot.it/

Grazie a te per questa opportunità. Spero che questa nostra passione un giorno diventi una professione. Mi
hai fatto pensare molto e spero di averti risposto al meglio.
A presto :)

 Bene, per un blogger alle prime armi come me, questo incontro e’ stato qualcosa di fantastico, profondo ed interessante. Come ben vediamo non tutto il mondo vive di superficialita’… C’e’ ancora qualcuno che vuole mettersi in gioco, che vuole vivere, che vuole sognare e sperare… 


Tutto e’ nato dall’amore, e tutto finira’ li.
Grazie.

A presto





Prossimo articolo –  Progetto Teatro Abusivo Marsala

Questo racconto si intitola "Solo Mio" ed è stato pubblicato sulla pagina di facebook Poems. http://www.facebook.com/photo.php?fbid=506893882654831&set=a.301323679878520.84647.185786781432211&type=3&theater


Quella notte il cielo era coperto di nuvole, delle stelle non c'era neanche l'ombra e il sonno tardava ad arrivare. Una notte senza stelle e senza sogni. Sono queste le notti in cui non riesco a non cedere. Le notti in cui il buio regna sovrano e il silenzio inghiotte tutta la città. E in quel buio che ha inghiottito anche me e la mia fredda razionalità, cerco il telefono e compongo quel numero tanto conosciuto che le mie dite scorrono sui tasti da sole.
Primo squillo. Fa che risponda.
Secondo squillo. Ti prego, non mancare stanotte.
“ Dottor Mastrotta, mi dica” solo quella voce calda riesce a calmare ogni mia paura.
“ Mi manchi...” sussurro, piano, impercettibilmente.
“ Arrivo subito, mi dia il tempo di prendere l'auto.” Amo quando bluffa in quel modo.
“ Ti aspetto” riattacco e mi sdraio. Pochi minuti dopo sento girare la chiave nella serratura. Un tuffo al cuore e lo vedo sbucare dalla luce fioca del corridoio. Gli vado incontro e mi perdo nei suoi abbracci, nei suoi baci, nelle sue carezze.
Al risveglio lui è lì, accanto a me. Occhialetti da lettura e giornale. Per un momento fingo che quella sia la nostra quotidianità, fingo che la sua fede è mia, che insieme viviamo il nostro matrimonio, fingo che lui sia solo mio. Mi guarda e baciandomi appena sussurra: “ Buongiorno amore”. Con calma si alza e lentamente comincia a vestirsi.
“ Vado, prima che mia moglie si insospettisca e chiami in ospedale. Ti chiamo io, presto” e con un altro insulso, veloce e freddo bacio scappa via. E io mi abbandono al ricordo di noi con la certezza che non sarà mai solo mio.  

lunedì 22 ottobre 2012

Tra la nebbia il mare.


Il mare si stendeva a perdita d'occhio, squarciato a metà da un molo dove il legno, reso quasi bianco dal sale marino, sembrava che stesse in piedi quasi per magia. Una magia che aveva incantato anche i pali di legno, che dal centro del mare costeggiavano tutta la riva, con il solo compito di fare da sostegno per i gabbiani stanchi. I pescherecci, stremati da una notte di lavoro, si trascinavano sul pelo dell'acqua, frastagliando l'orizzonte, il centro in cui il cielo e il mare si univano in un nulla pieno di mondo. E con l'alba alle porte, le mondine camminavano, una accanto all'altra, come scolarette, sguazzavano nel mare ancora basso. Loro, le mondine del , che raccoglievano le preziose telline e le ricercate cozze, conoscevano a memoria i suoi tempo. Chine sulla battigia raccoglievano e in enormi cesti, sacchi e reti, posavano i loro frutti di mare, sacri come pepite d'oro. Ma non erano sole: altri paesani, turisti, uomini e bambini erano chini, chi piegato, chi seduto, tutti ma proprio tutti alla ricerca delle piccole pepite d'oro che il mare regalava.
Era la spiaggia dei pescatori. Chiunque ci andava, prima o poi, si sarebbe ritrovato piegato alla ricerca delle telline. Come una legge arcaica, come un misterioso incantesimo. Era così. E all'improvviso, dal nulla, senza nessun preavviso, quel giorno si alzò la nebbia. Un manto grigio perla che in una mattina di metà agosto ingoiò il molo, i gabbiani e i pali immersi nell'acqua. Tutto venne coperto. L'orizzonte frastagliato dai pescherecci era solo un fievole ricordo mentre i gabbiani che volavano alti venivano coperti dalla coltre grigia.
Il mondo intorno a loro cambiava ma le mondine non se ne accorgevano. Continuavano a scavare, a scoprire, a raccogliere.
La nebbia sul mare: sembra quasi una favola raccontata nelle gelide notti d'inverno, una leggenda di un paese lontano. E come un racconto senza fine, è bello pensare che le mondine, altri paesani, turisti, uomini e bambini siano ancora li , chini sulla battigia immersi nel manto grigio perla alla ricerca delle piccole pepite d'oro che solo il mare sa donare.  

giovedì 11 ottobre 2012

L'inizio.

Il caldo quel giorno era insostenibile, soprattutto durante l'ultima ora del venerdì. Come una minaccia ,aleggiava la tensione per il fine settimana. Nessuno stava davvero ascoltando la lezione. La povera professoressa cercava di parlare, di farci incuriosire, ma ognuno di noi aveva altro a cui pensare. Sono le ultime ore quelle più lunghe. Continuavo a guardare l'orologio, speranzosa che i minuti volassero. Ma più desideri qualcosa più quella rallenta e si trascina, arrivando sempre un po' troppo tardi. Ed era in quelle ore calde, noiose, lente in cui la mia testa cominciava a girare, a partire. Volavo lontano da quell'aula. Guardando fuori dalla finestra, una penna in mano e un foglio bianco, scrivevo i miei viaggi. Erano viaggi lontani, in posti sconosciuti, attraverso vite mai vissute. Viaggi che partivano con un'idea, ma non sapevo mai dove sarebbero finiti. Alcuni duravano un'ora, altri giorni. Fogli e fogli sparsi in giro tra quaderni, cartelle, libri. Fogli dove si rincorrevano storie, dialoghi, amori, liti, guerre, scoperte. Ma quel giorno era diverso. Quello fu il mio primo viaggio. Annoiata, presi una penna e un foglio e incominciai a scrivere, piano. Avevo quasi paura di quello che poteva succedere. Inizia con una frase d'effetto, una cosa tipo "La ragazza che hai conosciuto ora non c'è più" passando poi a un monologo triste e strappalacrime. Una storia come tante: illusa e inerme, una ragazza ripensa all'amore appena finito. Fu la mia prima storia scritta tra i banchi di scuola. Ho sempre amato, di un amore folle e incondizionato, inventare storie. le raccontavo a voce ai miei amici, le scrivevo sul pc quando ero a casa o su quadernetti che poi, puntualmente, perdevo. Ma non avevo mai provato a scrivere in mezzo ad altre persone. Scrivere è come baciare, un intesa intima tra la tua fantasia e il foglio, tra le parole e le idee. Pensavo che non sarei mai riuscita a farlo in mezzo ad altre persone. Invece quel giorno fu solo l'inizio. Come un rito, ogni giorno scrivevo, tra gli appunti infilavo una frase, un discorso, qualche dialogo. Qualche giorno dopo, cercando e lottando contro la miriade di fogli e fogliettini rileggevo quello che avevo scritto e se mi piaceva abbastanza da farmi sorridere, lo conservavo. Tra quei banchi di scuola nacque l'idea di questo blog, ormai mio amico fidato, ciò che chiamo teneramente Mia Creatura. Questo fu solo l'inizio. Il mio inizio.
Lu.

mercoledì 3 ottobre 2012

L'inizio di un rito.

Entrai in quella caffetteria scrutando ogni angolo. I divanetti bordeaux, gli specchi sulle pareti, le sedie in legno come i tavoli. Tutto aveva un ruolo preciso, un preciso posto. Un ronzio piacevole faceva da colonna sonora a quella realtà così surreale. Silenziosamente mi avvicinai al bancone, cercando di decifrare il menù appeso alla parete. Tutti nomi strani e stranieri, quindi andai sul sicuro ordinando un buon caffè americano. La cordialità con cui mi servirono mi stupì. Era un ambiente totalmente diverso dalla realtà della città in cui eravamo. Il caos, la fretta, il nervosismo l'avevano lasciato fuori dalla porta. Presi in mano quel bicchierone di cartone, bollente, che emanava il delizioso profumo del caffè. Cercai un posticino tranquillo, lontana dai un po' chiassosi studenti. Mi sedetti vicino alla grande finestra che dava sulla strada. passanti, bambini, donne, uomini, tutti correvano, verso una meta sconosciuta. Sembrava un mondo parallelo. Seduta comodamente su quel divanetto, cominciai a sorseggiare il caffè. Come ogni americano che si rispetta avevo anche il tappo al bicchiere. Con il primo sorso mi scottai appena la lingua, ma quella sensazione fastidio scomparì appena il gusto caldo e avvolgente mi riempì la bocca, il naso, la gola. Un abbraccio caldo che riscaldò il resto del corpo infreddolito dall'inverno. Sorso dopo sorso capii perchè quel posto era tanto speciale. Era una boccata d'aria dalla città, un oasi dove potevi concederti del tempo per te scrivendo, leggendo, ascoltando musica. Non c'erano limiti di tempo, non c'erano pressioni. C'era solo la tranquillità di una caffetteria fuori dal comune. Ma non si può scappare dai propri impegni. Finito il caffè mi alzai, contro voglia, ma con la certezza di aver scoperto un luogo dove tornare, quando la città diventava stretta, e il traffico assordante. Con un sorriso rivolto a chiunque lo avesse accolto, uscii dalla caffetteria. Fu l'inizio di un rito, di un regalo, che di tanto in tanto i sarei concessa, dando una pausa alla quotidianità cittadina.

lunedì 24 settembre 2012

Nel silenzio della tua solitudine, potrai finalmente sentire il canto dei tuoi sogni, le urla delle tue paure e il dolce suono del tempo che arriverà.

Frank, il mendicante.

Anche quel giorno, la pioggia aveva deciso che non si sarebbe fermata. L'acqua, ormai, straripava dai tombini, ma sembrava che al resto del mondo non interessasse. Forse perché essendo a Milano, la fretta, l'ansia, il maledetto correre che non si arresta mai, non ti fa vedere ciò che succede intorno a te. Camminando a bordo del marciapiede, avevo deciso che, quella mattina, avrei fatto più attenzione a ogni cosa. Alle persone che passano, distinte, in giacca e cravatta ma che urtandoti non sapevano chiederti scusa; agli studenti, chiassosi e sempre allegri, qualcuno con il muso lungo, qualcun'altro con la sigaretta in bocca. Agli anziani, cosi arzilli e veloci che sembravano finti. E poi le nonne con i bambini, le donne con le carrozzine, le ragazze, le modelle, tutti che correvano, si spintonavano, non chiedevano scusa. Ognuno di loro ci passava davanti, ma nessuno lo vedeva: Frank, il mendicante. Non so da quanti anni lui era li, seduto a terra, con il suo cartello. Magari erano dieci, magari erano due, nessuno lo sapeva con precisione. Lui stava li, dalla mattina presto,  fino alla notte, con il suo cartello, il capello, e qualche volta blaterava qualcosa contro qualcuno, tossiva, rideva. Nessuno sapeva dove stava la notte ne da dove veniva. Lui era semplicemente Frank, il mendicante. quel giorno ci passai davanti e sorridendo, gli donai cinque euro. Lui alzò gli occhi, e ricambiò il mio sorriso. Gli mancavano tre denti davanti.
" Grazie" si tolse il capello, in segno di ringraziamento.
" Sono 1989 giorni che ci vediamo, ogni mattina, e sono solo 124 volte che mi dai qualche dannato centesimo" una tosse rauca lo bloccò. Rimasi a bocca aperta.
" Che guardi? Chiudi la bocca, ragazzo, se no entrano i moscherini!" la serrai, di colpo.
" Sei un bravo ragazzo, ma sei un pirla! ahahahahhaha" Questo era troppo. Perchè mi insultava?
" Vedi? Mi vorresti dire di stare zitto invece te ne stai li, con la faccia da pesce lesso" ora ero davvero spaventato. Cosa voleva Frank da me?
" Vorrei solo dirti di darti una svegliata. Se vuoi qualcosa, vallo a prendere. Se hai un sogno, realizzalo. E non stare li impalato. Vai per la tua strada. Alla tua età, io, avevo già tutto quello che avevo sognato. O quasi" scoppiò in una risata fragorosa. Io mi girai per andarmene.
"Ciao Frank" sorrisi. Per la prima volta lessi il suo cartello ' Ciao, sono Frank. Io vi conosco, anche se voi non lo sapete. Donatemi qualsiasi cosa, e io vi darò un consiglio. O vi dirò il futuro. A voi la scelta'
" Ciao Teo" rispose lui, facendomi l'occhiolino.
Mi incamminai verso casa, quando all'improvviso mi bloccai. Io non mi ero mai presentato a Frank.

sabato 15 settembre 2012

Sarà per Sempre- Parte terza " Regole"

Pioveva. Era una di quelle volte che la pioggia diventa la musica che accompagna tutta la giornata e con una giornata cosi l'azienda mi aveva consigliato di non andare in ufficio ma di portare il lavoro a casa scrivendo sul blog dell'azienda. Un lavoro ingrato, ma qualcuno doveva pur farlo, e infondo non mi dispiaceva: scrivere ciò che stava succedendo, le proposte, le attività era come fare il riassunto delle proprie giornate lavorative. In una mano una tazza di caffè, sulle gambe il mio Romeo, un micione tutto fusa, e nella testa mille pensieri. Sono i pensieri che fregano la gente, la obbligano a rallentare, a correre, a volare. Quel giorno mi obbligavano a guardare fuori dalla finestra, a sospirare. Mi tenevano ancorata al suolo, con ai piedi un paio di pantofole, e tra le labbra il sapore di caffè. Poteva diventare una giornata quasi perfetta, poteva esserlo. Potevo continuare così. Ma niente è come deve essere. Niente è come ti aspetti che sia, neanche in una giornata di pioggia quasi perfetta.
Erano le dieci. Me lo ricordo perchè appena ho sentito il campanello mi sono detta : chi sarà così presto? Non poteva essere una vicina bisognosa di sale, non era ora di pranzo, ne un amico bisognoso di un posto letto, perchè non era notte. Silenziosamente mi sono avvicinata alla porta, con una strana sensazione, un presentimento che aleggiava come un odore nell'aria. E così, ho aperto la porta. E come se fosse niente, come se fosse normale, Lui era li. Con valigia e tutto il resto. Il cappotto, l'ombrello, la sciarpa. Lui era li. Erano passati tre anni dall'ultima volta che lo avevo visto, tre mesi e tre giorni da quando gli avevo inviato l'e-mail. E quegli occhi non erano cambiati. Aveva ancora la barba incolta, qualche ruga qua e la e l'espressione da bambino colpevole non lo aveva abbandonato. Ero paralizzata. Una mano sulla porta, l'altra sullo stipite. I piedi ben saldi nelle pantofole e il respiro corto ma soprattutto il cuore paralizzato e il cervello in fumo. Non una parola riuscii a dire. lui mi guardava come si guardano certe cose antiche, come se dovesse carpire ogni più piccola particella, ogni dettaglio, ogni sfumatura. E capii che nell'esatto istante in cui lui avrebbe aperto bocca, io avrei perso quell'equilibrio che mi ero conquistata in quegli anni. Sapevo che qualunque cosa lui doveva dirmi, avrebbe cambiato il gioco, il ruolo delle parti. Prima o poi avrebbe parlato. Ed io ero fottuta.
Non so quanto tempo passò in quel silenzio così assordante. Io mi tirai indietro e lo lasciai entrare. Non riuscivo a cacciarlo fuori, ne a parlarci quindi tanto valeva che sedersi e ascoltare cosa era venuto a dirmi. Le ruote della valigia stridevano sul pavimento, mentre i suoi passi echeggiavano per tutta casa. Il mio Romeo, il mio protettore gli andò incontro soffiando.
" Buono, buono" lo presi in braccio e lo portai in camera. Il silenzio si era spezzato.
" Siediti" gli urlai. " Merda Romeo." sussurrai.
Tornando in salotto lo trovai seduto sul divano, il giubbotto accanto a lui. Era bellissimo, non potevo negarlo.  Inspirai.
" Che sei venuto a fare?" le parole uscirono così, all'improvviso, come un uragano.
" Ti devo parlare." e come un uragano il mio cervello non si fermava.
" Non potevi scrivere?" e neanche la mia stronzaggine acuta.
" Non avresti capito..." abbassò lo sguardo. Dio, era bellissimo.
" Non avrei capito? Mica sono scema! Avrei capito eccome" mi girai dall'altra parte. Non volevo guardare. Avrei potuto cedere.
" Volevo guardarti, volevo rivederti." la sua voce tremava.
" Esiste una cosa chiamata Skype, e la usano le persone quando voglio parlare e vedersi, senza attraversare metà globo." non era mai stato il mio forte il sarcasmo.
" Io l'ho fatto perchè volevo tornare in Italia. Ci ho messo tre mesi, ma... Eccomi!" Mi voltai. Sorrideva. Aveva le braccia aperte. Avrei voluto tuffarmici dentro e rimanere li, per tempo immemore.
" Sai cos'era più facile? Rispondere alla e-mail.  Non costava niente." Avevo imparato a mentirmi perfettamente.
" Volevo vederti." Lui invece non sembrava mentire.
" Non fare la vittima, o il carino. Volevi vedermi? Sono passati tre anni, tra cui una morte, una casa e un gatto. "
" Volevo vedere com'eri diventata."
" Ora mi hai vista. Sono questa donna non certo grazie alla tua presenza."
"Mi odi?"
"Cosa?
"Ti sto chiedendo se tu mi odi."
"No."
"No non mi odi?"
"Non ti ho mai odiato, idiota."
"Neanche io."
"Bene."
"Volevo parlarti."
"Lo stai già facendo."
"Mi sei mancata. Ogni cazzo di giorno. Ogni volta che mi succedeva qualcosa pensavo " Dovrò dirgliela" ma tu non c'eri, non eri lì ed era tutta colpa mia. Vorrei che le cose fossero andate diversamente, invece ho rovinato tutto. Non solo da migliori amici. Noi ci amavamo, vero? Era amore quello.  Io l'ho infettato di egoismo, e superbia. Giuro, ho cercato di dimenticarti. Sai quante donne ho avuto? Migliaia. Scusa ma è così. migliaia di ragazze, donne. Tutti amori di una notte. Erano solo carne calda dove potevo cullarmi per alcune ore  minuti. Qualcuna durava qualche giorno , al massimo un mese. Poi erano come lo yogurt e scadevano. In ognuna di loro cercavo qualcosa di te. Sai cos'aveva la prima? Le tue mani. La seconda lo stesso colore dei tuoi capelli. E' come se la tua presenza aleggiava nella mia vita, una maledizione o meglio una benedizione. tu c'eri! C'eri ovunque!"
"Sta zitto!" sbraitai. Il cuore era impazzito. Non capivo più niente mentre la testa girava e la paura cresceva, azzannandomi le gambe e facendomi tremare le mani.
"Cosa?" spalancò gli occhi, perplesso.
" STA ZITTO , CAZZO! TU HAI ROVINATO TUTTO, TU TE NE SE ANDATO, TU HAI VOLUTO UNA VITA TUTTA TUA. MI HAI LASCIATO. IO ERO QUI. E TU MI HAI LASCIATO. NON VENIRMI A DIRE CHE IO C'ERO O NON C'ERO O SE LA RAGAZZA DELLA PORTA ACCANTO AVEVA IL MIO PROFUMO. IO COSA DOVREI DIRE? COSA DOVREI DIRE? MI HAI ABBANDONATA. AVEVO BISOGNO DI TE E NON MI HAI RISPOSTO E ORA TI PRESENTI QUI, PIENO DI SCUSE? COSA VUOI? COSA VUOI DA ME? IO AVEVO IMMAGINATO TUTTO SAI. CASA, MATRIMONIO E PURE DEI FIGLI E TU TE NE SEI ANDATO. ORA TI PRESENTI QUA E DICI CHE CI AMAVAMO. CRISTO, CERTO CHE CI AMAVAMO. IO TI AMAVO!" Lui si alzò di scatto e mi prese il viso fra le mani. il suo profumo era lo stesso da sempre. Si avvicinò e le parole mi morirono in gola.
" Io ti amo ancora, stupida e cretina magnifica donna. La mia donna. Sono tornato qui..." si inginocchiò " per chiederti se vuoi avere una casa, un matrimonio e magari dei figli. Vuoi?" e nel frastuono di quell'incontro ritrovai l'equilibrio che avevo sempre cercato. Un equilibrio fatto di un noi nato nella notte dei tempi. Un Noi tutto nostro fatto ti incomprensione, amore, urli e risate. E con le pantofole ancorate ai piedi e la pioggia che bagnava i vetri , lo baciai. Il sapore di un amore ha l'odore del sole. E infondo, i giochi sono fatti di regole, ma non c'è niente di meglio che infrangerle.

venerdì 7 settembre 2012

Sarà per Sempre- Seconda Parte "La vita può allontanarci, l'amore continuerà"

" E' quel momento della vita in cui devo capire cosa voglio. Devo prendere tra le mani il mio futuro e saldamente cominciare a costruirlo, pezzo per pezzo. Ma non è facile. Ogni decisione, anche la più piccola, comporta una serie di domande, di dubbi, che tormentano, fanno paura , mozzano il respiro. Ognuno di noi ci è passato e credo ci passerà sempre. E' una tappa obbligatoria. Lo so. Eppure dentro muoio. Non vorrei essere fraintesa, io voglio decidere del mio futuro, sto morendo dalla voglia di scoprire cosa diventerò, ma la realtà è lunga e difficile. Ho paura di deludere ma ancora peggio di deludermi. I miei genitori non stanno in alcun modo influenzando la mia scelta. Mi hanno lasciato completa libertà. Ma la domanda che mi tormenta è: E SE LA MIA SCELTA E' COMPLETAMENTE SBAGLIATA?
Un giorno ho promesso a me stessa che dovevo mettercela tutta per cercare di realizzare i miei sogni. E se i miei sogni sono sbagliati?" E senza pensarci due volte gli dissi tutto, proprio tutto. In quel pomeriggio freddo, davanti alla nostra cioccolata calda, nella mia camera, in quel mondo solo nostro, una volta ancora gli avevo aperto il mio cuore. Solo e unicamente lui avrebbe capito. Lo sapevo.
" I sogni non sono mai sbagliati. Se hai un sogno ci sarà un perchè , ed è tuo compito, nei tuoi confronti, cercare di realizzarlo! La vita è tua. I tuoi genitori ti amano, quindi, qualsiasi decisione tu prenderai, qualsiasi persona tu diventerai, sarai sempre Tu. La loro bambina.
E' inutile pensare troppo, domandarti ciò che è giusto e ciò che è sbagliato per questo mondo. Questo mondo è illogico. Quindi, chiudi gli occhi, fai un bel respiro e interrogati nel profondo. Cosa vuoi per te?  Cosa vuoi dalla tua vita?
La risposta la sai, l'hai sempre saputa ma hai paura  di ammettere la verità. Quindi: non piangerti addosso e rimboccati le maniche. Abbiamo una maturità da fare tra sei mesi e soprattutto non sarai mai sola. Ci sarò io, qualsiasi decisione tu prenderai ". Con un bacio caldo al sapore di cioccolata, lasciò che i miei tormenti svanissero da soli tra le pieghe delle nostre labbra.







" Voglio solo capire chi sono e cosa voglio. Voglio solo scoprire cosa posso fare e chi potrò diventare. Sai quelle storie di scoprire il mondo cosa ha in serbo per me? Ecco, è quello che voglio capire:" Aveva detto. Era un lunedì. Io ho sempre odiato i lunedì e  quello fu il peggiore inizio settimana di sempre.
E con qualche moina, un " ritornerò presto", " mi mancherai", " Certo che ci sentiremo", lui è partito.
" Fra due mesi sarò ancora tuo" una bugia che mi aveva cullato per quei due mesi. Ma lui sapeva che non sarebbe tornato. Aveva trovato lavoro e aveva comprato una casa in Canada.
" Non so più quando tornerò..." aveva sussurrato piano al telefono, in una notte in cui la pioggia non cessava di scendere.
" Tranquillo, vivi la tua vita. Io sto bene e starò bene." Un'altra bugia a cui aggrapparsi quando il sonno non sarebbe arrivato e i ricordi avrebbero spezzato il fiato e fatto bagnare il cuscino.
" Sto bene" mi dicevo in quei giorni, che erano diventati settimane e poi mesi. Indossavo un sorriso sperando che potesse contagiare anche il cuore. Riuscivo benissimo a vivere senza di lui: avevo il mio lavoro, la mia casa in affitto, i miei amici con cui condividere ogni cosa e qualche volta anche qualche ragazzo con cui consolarsi, tra baci e carezze che in realtà non avrei mai voluto. Potevo vivere tranquillamente senza di lui. Ma qualcosa, in questo quadro generale, un piccolo dettaglio , mancava. Mancava il mio confidente, il mio compagno. Si era portato via la parte migliore di me, lasciandomi inerme e sola. Era il custode della mia anima. Ma io ero una leonessa e come una leonessa mi sarei leccata le ferite camminando a testa alta, nell'attesa di non aver più voglia di lui.
A volte , però, bisogna lottare contro se stessi per riuscire a stare bene.











' Era un semplice gioco di parti: io ero forte, non ti avrei pensato, tu saresti scomparso diventando l'innominabile. Sembrava semplice, anzi lo era anche diventato. Recitavo perfettamente le parti a testa alta, affrontando la vita. Ma quando una persona fa delle scelte del genere, non tiene mai conto della morte. Come un vortice, una tempesta, un uragano, sconvolge tutto e tu devi di nuovo fare i conti con le tue scelte. E' un percorso naturale e credo che chiunque debba avere una seconda possibilità. Non so se riuscirò mai a superare la morte di mio padre. La sua mancanza ha creato un vuoto che mi accompagna ogni giorno. E' un dolore che non va via, non si affievolisce. Riesci a conviverci ma non ad accettarlo. Soprattutto se questo dolore arriva all'improvviso, senza neanche un piccolo preavviso, un dubbio, una piccola percezione.Arriva come un fulmine a ciel sereno. Anche se lo sai che il mio cielo non è mai stato limpido.
Era la mia guida, il mio consigliere, il mio insegnante. Era uno degli uomini più importanti della mia vita. Il suo ricordo non svanirà mai, rimarrà sempre qui, vivido, vivo. Ma lui se n'è andato. Non voglio fare la vittima ne chiedere la tua pietà. Ti scrivo solo per dirti che dopo questi tre anni sei ancora tu l'altro uomo più importante, tu che mi hai insegnato ad amare, osare, a giocare con e per la vita. Non ti chiedo di tornare nella mia vita come fidanzato, ti chiedo di tornare come amico, il mio migliore amico. Perchè ho perso mio padre e non voglio perdere anche te per sempre. Mi manchi e credo che chiunque abbia diritto a una seconda possibilità.'
Inviata. Una mail in cui ho racchiuso, una volta ancora, tutto quello che provo e l'ho dedicato a lui. Spengo il computer e cerco di dormire. Forse non la leggera mai, o non mi risponderà. Ma finchè è vivo, finche respira su questa terra dovrà sapere quanto sia importante per me.







venerdì 17 agosto 2012

Sarà per sempre - Parte Prima "E' un po' come volare"

" E' un po' come volare" mi sussurra piano all'orecchio prima di ricominciare a correre giù dalla collina. Vorrei ridere ma non posso, rimango imbambolata li, a guardarlo, mentre con le braccia aperte vola giù rotolando, correndo, ridendo. Mi fa fare sempre cose strane. Prima mi fa  guardare gli uccellini della signora di fronte per capire come fanno a volare in quella gabbietta, poi mi fa fare un bagno nel fiume dietro casa sua e oggi questo. Mi piace un sacco, e poi ho nove anni quindi posso correre quanto mi pare.
" Ti muovi? O sei una pappa molla?" mi urla da sotto la collina.
" Arrivo!!" urlo a scuarcia gola, prima di correre giù, verso di lui.
Mi piace un sacco, e poi ho nove anni quindi posso correre quanto mi pare.







" Secondo te che cosa sembra quella nuvola?"
"Quale?"
"Quella li, dietro l'albero"
" A me sembra un drago."
"Un drago?"
" Si, uno di quelli che sputa fuoco con la bocca aperta e la coda alzata."
" Mmm... a me sembra un uomo con il bastone"
" Un uomo?"
" Si, un uomo con il bastone"
" Ah... Sei strano tu!"
"Io? e tu che vedi draghi che sputano fuoco con la coda alzata!" finalmente si gira e mi guarda. Ha sempre avuto quello sguardo con me, un misto di sfida e gioco. Il suo sguardo tutto mio. E come ogni volta, ogni dannatissima volta arrossisco, cosi, all'istante.
"Sei tu che mi fai fare sempre cose strane" e da finta offesa mi giro, dandogli le spalle pregando solo che mi abbracci.
" Siamo sul tetto di casa tua mica casa mia..." di scatto mi alzo.
" Si, ma l'idea è stata tua! E quindi, visto che è casa mia , è meglio scendere!"
" Non fare la mammina che so che le mie cose strane ti piacciono..." Ancora quello sguardo.
" Mi piaci tu idiota!" vorrei urlare, invece resto in silenzio e scendo le scale piano. A dodici anni è sempre difficile dire quello che provi...










" Sei pronta?"
" Un attimo, cazzo!"
" Perchè sei nervosa?"
" Perchè è la prima festa del liceo che andiamo e tu mi metti fretta!"
" E quindi? Dai muoviti che sei sempre bella!" Mi blocco con il mascara a metà fra le mie ciglia e lo specchio. L'ha detto. L'ha proprio detto a me. Sono sempre bella per lui. Lui, il mio migliore amico da quando avevo nove anni, il primo ragazzo che mi sia piaciuto, anzi l'unico ragazzo che mi è piaciuto e mi piace e credo mi piacerà. Lui è tutto: la mia forza, il mio punto fermo, la mia "scialuppa di salvezza" come lo chiamo io. Eppure, mi piace da matti, da far venire le farfalle nello stomaco e tremar le mani. Mi piace il suo sorriso, i suo occhi , i suoi capelli, il suo sguardo. Ha sempre avuto quello sguardo per me. A volte non riesco proprio a non dirglielo, vorrei urlarglielo. Mi sembra di mentirgli. A lui dico tutto mentre questo, tutto questo che provo non l'ho detto a nessuno. Vorrei dirglielo, magari in un sussurro vicino all'orecchio. Ma poi penso: e se rovino tutto?
" Ti muovi?" velocemente mi sistemo i capelli rosso fuoco, apro la porta del bagno di scatto, e aspetto. Lui è li, polo bianca e jeans scuri, bello come non lo avevo mai visto. Sorride e con quel suo sguardo che mi fa girare la testa, si avvicina piano e mi sussurra " Te lo avevo detto io che sei sempre bellissima"








Stasera è l'ultima sera dell'anno. Quella sera in cui tutti ridono e si concedono brindisi assurdi, in cui si preparano i fuochi d'artificio e i bambini stanno in piedi fino a tardi. La notte delle promesse che si dovranno mantenere e della conta delle promesse mai mantenute. La notte dei buoni propositi, dell'alcool a fiumi, la notte delle risate senza senso e delle dichiarazioni. La notte in cui tutto può accadere, in cui tutto ha inizio. La notte delle notti. E in questa notte in cui può succedere qualunque cosa, soprattutto ora, soprattutto a diciotto anni, io non ho voglia di festeggiare. Con il drink in mano, il muso lungo come il mio giubbotto e la sciarpa stretta al collo, non ho proprio voglia di rientrare in casa. E non è giusto neanche chiamarla casa perchè è una villa. Una villa piena di merde che camminano. Dovrei essere positiva ma non lo sono. Come posso esserlo? Sono stata invitata alla festa più grande dell'anno, a casa di una persona che mal sopporto,solo per far felice il mio migliore amico. Mi sono detta:sarà la serata giusta, quella in cui potrò dirgli tutto. E invece no. E' la serata giusta per lui per flirtare con quella merda. Quella sgualdrina della padrona di casa. Non dovrei essere gelosa, no dovrei arrabbiarmi e soprattutto non dovrei offendermi. Lui è il mio migliore amico, può e deve fare qualunque cosa. Solo che c'è un piccolo, piccolissimo problema fra quello che è giusto fare e quello che realmente faccio: sono innamorata di lui, e questo cambia tutte le cose. Cambia ciò che dico, ciò che penso, soprattutto ciò che provo quando c'è lui. Mi chiama sorellina e mi prende per mano quando ha voglia di scherzare, mi abbraccia solo durante le feste e ride ogni volta che mi vede al mattino. E' il mio migliore amico, la mia scialuppa di salvataggio, il mio compagno di avventure. E non ha idea di quanto vorrei essere baciata da lui, anche una volta, anche solo un bacio. Lui non lo sa, lui vede e ride e flirta con lei quando quella lei vorrei essere io.
Stanotte c'è la luna piena, nessuna nuvola solo le stelle a farmi compagnia. Fa un freddo cane, ma non mi interessa. Rimango qua fuori a sorseggiare il mio drink, non voglio entrare dentro casa. Non voglio vederlo flirtare, non voglio vedere la faccia di quella tutta compiaciuta, non voglio vederli ballare o peggio baciarsi.
Me ne sto qua, aspetterò la mezzanotte poi chiamerò i miei, tornerò a casa e affogherò i miei dispiaceri nel cioccolato fondente. Le ragazze normali piangono in questi casi, io no. Io rompo cose, urlo, lancio oggetti o mangio. Mi sa tanto che non sono una ragazza normale. Mentre mi perdo nei miei pensieri sento qualcuno parlare, dietro il gazebo. Rimango immobile, non voglio dare fastidio. Continuando a sorseggiare, cerco di capire cosa dicono.
" Dai, sei venuto qui, è capodanno e non i vuoi neanche baciare?" è la voce della sgualdrina, ubriaca. Continua a ridere. Com'è schifosamente volgare.
"Sono venuto con Lu, non da solo. Sono con lei." un tuffo al cuore. E' lui.
" E quindi? In confronto a te è una sfigata! Dai! Non ha mai baciato nessuno! Sai, alcuni dicono che sia lesbica, altri che ti ama alla follia. Io dico solamente che è una stupida. Poteva starti vicino invece ti ha lasciato solo e quindi sono venuta io a farti compagnia..."
" Non permetterti più di parlare cosi di Lu? Tu non vali nulla in confronto! Nulla! Sei ridicola, stupida, viziata. Pensi che sia tutto per te? No! E poi non starei mai con te. Io sono già innamorato di un'altra quindi... Ma ti levi?!" Un'altra. Lui è innamorato di un'altra. Non posso sopportare di più. Forse il drink mi sta dando alla testa, ma non mi interessa. Glielo devo dire. Anche se sarà la più grande cazzata che abbia mai fatto, lo devo fare. Non posso più continuare cosi, Glielo devo dire.
"Sei un coglione, schifoso e bastardo!" urlacchia la gallina.
"Ok, è meglio che vado a cercare Lu. Ci vediamo eh!" Gli risponde tra una risata e l'altra.
Lascio il drink sulla panchina ghiacciata, e vado verso le voci.
"Fanculo!" urla la sgualdrina mentre barcollando si avvicina alla porta sul retro. Lui la guarda scuotendo la testa e ridacchiando mentre con lo sguardo mi cerca. Mi avvicino, le gambe tremano, la testa gira , lo stomaco è in subbuglio e sorrido. Sorrido perchè lui mi guardo con il suo sguardo solo mio, sorrido perchè in fondo anche se lui non capirà, finalmente saprà cosa provo, sorrido perchè è tutto qua ciò che voglio, lui che sorride e mi guarda, guarda solo me.
" Eccoti! Dov'eri finita?" Si avvicina veloce, quasi preoccupata
" Ero qua." Abbasso lo sguardo.
" Perchè non sei entrata?" ora è davvero preoccupato.
"Perchè dovevo rientrare? Per vederti con quella sgualdrina mentre flirtavi? Scusa ma preferivo stare fuori!" gli urlo contro.
" Ma che hai?" mi risponde a tono.
"Cos'ho? E' possibile che tutti se ne sono accorti tranne te!" mi trema la voce.
" Che stai dicendo?" mi guarda dritto negli occhi, mi sfida.
" No, non sono lesbica!"
" Non ho mai pensato che tu lo sia" ride.
" Certo che sei scemo! Ascolta, io te lo dico, ma se per te non è lo stesso facciamo finta che io sto scherzando. Se invece per te va bene vediamo come fare, troviamo un modo ok? Ora te lo dico, ok?" Sono in ansia. Glielo sto per dire e lui mi guarda e io dico cavolate su cavolate.
"Ok.."
"Io ti amo. Ti amo da sempre, da quando abbiamo i visti gli uccellini nella gabbietta. Ti amo. L'ho detto e va bene cosi perchè lo sento  e te lo volevo dire. Se tu non mi ami non fa niente perchè io ti amo. E non volevo dirtelo per non rovinare le cose anzi non vorrei neanche dirtelo ora ma è capodanno e sei qui e io ti voglio qui sempre. Anzi per sempre e sto correndo troppo ma è colpa dell'alcoll e io ti voglio e..." E inaspettatamente si avvicina piano. Sorridendo, mi prende il viso tra le mani e in un attimo mi bacia. Lo abbraccio e continuiamo a baciarci. Mi inebrio del suo sapore, caldo, buono, e del suo odore, fresco e suo. E lui è mio. Per pochi istanti, per pochi minuti , lui è mio. Lentamente si stacca  e mi riempie di baci sulle guance, sugli occhi, sulle labbra, sul collo, e in un sussurro, in un piccolo e dolce sussurro, sulle labbra dice " E' un po' come volare, Lu."








martedì 14 agosto 2012

E' bello respirare

E' bello respirare l'aria del mare,
lasciarsi andare alle paure e sognare speranze
con i passi tra i piedi
il mondi sugli occhi,
e  questo mare,
tutto da vedere tutto da respirare
tutto
li.
E' bello respirare l'aria del cielo,
per sognare e guardare quelle stelle
sempre più su, sempre loro
sempre noi che sotto questo cielo sogniamo
e amiamo,
tanto e tutto.
E' bello respirare il tempo che va,
l'età che passa, i desideri si accumulano dentro cassetti pieni.
Gli anni  come soffi di vento,
i giorni brezze leggere.
E tu, abbracci fino a farmi male.
E tu, Amami fino a farci male.
E noi, che su questo prato sappiano amarci
Continuiamo a cercarci e conoscerci in fondo.
E' bello respirare il tuo profumo,
quando il sole è ancora basso nel cielo
e i colori della notte sono ancora vividi in noi.

domenica 5 agosto 2012

Amicizia

Quando l'amicizia vera accarezza l'anima riempie il cuore di buoni pensieri, grandi speranze e di mille progetti. Tutto accompagnato da quei fratelli che non sono di sangue ma di vita. Quei fratelli che ho incontrato per caso ma che spero di non abbandonare più.

sabato 7 luglio 2012

Era come toccare il cielo con un dito.

Era l'aria fresca, era quel drink di troppo, era il tuo profumo, era tutto quel mix a rendere ancora più bello quel cielo , così bello da farmi girare la testa. Erano le tue mani stratte su di me, quei baci senza fine. Erano i tuoi occhi, cosi profondi, così chiari , così tuoi che non mi facevano più capire nulla. E le tue labbra, le tue mani , il tuo profumo, quella luna, noi, tutto questo era come toccare il cielo con un dito. Ma il cielo si si annuvola, il profumo sparisce, l'effetto dell'alcol si sgretola e tu non ci sei più.

venerdì 6 luglio 2012

"Tu mi sfuggi. Non mi appartieni mai. Sei libera e io sono schiavo di te."

domenica 10 giugno 2012

Tempesta notturna.

E d'improvviso scoppiò la tempesta. Nessun preavviso, nessuna nuvola che poteva far sorgere un dubbio, durante quella giornata afosa. Una tempesta improvvisa, un scoppio di tamburi, buturuntutum.  E pioggia. Acqua che innaffia il mondo. Come vernice, dipinge i palazzi. Come un innaffiatoio innaffia i passanti che maldestri corrono senza ombrello. E chi è fortunato, si gode questo spettacolo dietro un vetro, una finestra, uno spiraglio. Uno spettatore che guarda gli inconsapevoli attori, mentre ballano sotto la pioggia. Plic Plic Plic. La tempesta si placa. E dopo il trambusto, l'acqua, le maledizioni arriva il dono: il cielo limpido regala la luna, piena, accompagnata dalle sue fedeli compagne, stelle fortunate, che illuminano la notte. E così, tra tamburi, luci, attori, spettatori finisce così, uno spettacolo estivo, il tempo di una corsa, di una risata , di un amore. Una tempesta notturna.

domenica 3 giugno 2012

La terra trema. Ed io ho paura. La terra trema. E niente la ferma. La terra trema e la mia terra frana.

Domenica pomeriggio II

Dalla finestra aperta entravano il profumo del mare e il pallido sole pomeridiano. Sdraiata sul letto, mi sentivo come graziata. Mi sentivo fortunata. Amo la domenica pomeriggio. Soprattutto d'estate. Soprattutto distesa a letto. Soprattutto con lui. La piccola finestra dava dritta sugli scogli e dal letto potevi vedere il mare fondersi con il cielo, in un punto indefinito dell'orizzonte. Tutto era perfetto. Anche la musica che gracchiava alla radio. Anche il suo lieve russare.  Lo guardavo dormire come un bambino, su in fianco, le gambe piegate e le mani strette a pugni. E russava. Faceva quasi ridere. Il petto nudo che si alzava e si abbassava, delicatamente, i capelli arruffati, la bocca tutta arricciata, schiacciata contro il cuscino, lo rendevano bello. Il mio moro. Gli diedi un bacio sulla guancia e senza far rumore mi alzai. Entrando in cucina, mi venne una voglia matta di fare una torta. Aprii il frigo e presi le uova e il latte, poi la farina, lo zucchero e il cocco. Una cocco pie, come la chiamava il mio moro.  Accesi il forno per farlo riscaldare e incominciai a fare la torta che anni prima mi aveva insegnato mia madre. Quattro uova, otto cucchiai di zucchero, dodici-quindici di farina, latte , scaglie di cocco. Semplicemente una torta da domenica. Mentre ero alle prese con l'impasto, Il Moro entrò in cucina. Stropicciandosi gli occhi, mi abbracciò da dietro, annusandomi i capelli. Mi piace che hai i capelli corti e il collo scoperto, mi disse. Di nascosto, mi immersi le dita nel cremoso impasto. Lo guardai negli occhi, con le braccia incrociate dietro. Come sei carino oggi. Io sono sempre carino. Ma quando mai. Si avvicino all'orecchio. Io sono sempre carino con te. Sussurrò piano prima di mordermi l'orecchio. Una risatina da oca giuliva uscì con naturalezza dalla mia bocca.Lo guardai dritto negli occhi, con intensità, voglia e dolcezza. Lui si avvicinò piano, socchiudendo gli occhi, guardandomi le lebbra, con tutto quell'amore che solo lui aveva. E io, che quando son felice faccio sempre la cosa più sciocca, gli sporcai la guancia di impasto. Lui si scostò, prese la scodella con l'impasto e cominciò a inseguirmi per tutta casa. Correvamo come due bambini, a perdi fiato, ridendo, urlando. Non correvo così da anni. Non ridevo così da anni. E mentre scendevo per la millesima volta dal letto, lo guardai. Il Mio Moro, a petto nudo, davanti alla finestra, con il mare che incorniciava la sua figura. il Mio Moro, che sorrideva e mi sfidava a prenderlo. Io e Il Mio Moro. Io e Lui. Amo la domenica pomeriggio.

Domenica pomeriggio.

Era domenica, un'altra maledetta domenica pomeriggio. E dovevo studiare, ma i libri mi spiavano mentre cercavo di fare tutt'altro. Anzi riuscivo perfettamente a fare tutt'altro. Seduta sul davanzale della finestra a gambe incrociate, guardavo il mare. Le onde, la schiuma, i gabbiani, i coraggiosi che correvano e i bagnanti fortunati. Mi dava i brividi. Il rumore delle onde che sbattevano piano sulla spiaggia, mi facevano venir voglia di cantare, urlare, ballare. Un'euforia interna che voleva esplodere. Fuochi d'artificio. Guardai per l'ultima volta i libri e maledicendoli amorevolmente saltai giù dal davanzale, direttamente sul prato. " Dovrebbero proibire lo studio di domenica". Il vestitino bianco svolazzava, emozionato dalla nostra uscita inaspettata. I miei erano fuori e non sarebbero tornati prima di cena. Tutti i ragazzi normali della mia età ne avrebbero approfittato avendo casa libera ma io mi deprimevo sapendo che non c'era nessuno in casa. Uscii dal cancello di dietro scavalcandolo tranquillamente. Sarei stata via un'oretta, non di più. Camminavo piano, gustandomi la prima domenica decente da mesi. Evitai accuratamente i luoghi affollati, dirigendomi verso il angolo di quiete, come lo chiamavo io. Un muretto, niente più. Un muretto con dei fiori, vicino al mare, più precisamente agli scogli. Quindi quasi nessun bagnante. Amavo andare li anche d'inverno, quando il mare s'ingrossava. Ma all'inizio dell'estate, con i cespugli in fiore, era magnifico. Con un piccolo saltello, mi sedetti sul mio muretto. Aprii il librone di disegno che avevo portato con me e cominciai a disegnare. Non era un vero e proprio disegno ma scarabocchi, appunti, frasi. Dovevo liberarmi della noia. E poi, così d'improvviso, alzai gli occhi e lo vidi. No, non era come nei film. Nessuna visione angelica, nessun coro celeste e niente rallentatore. Ma lo vidi. E era bello. Correva e i pantaloni gli si arrotolavano intorno alle cosce, mettendo in risalto i muscoli. I polpacci in tensione gli davano un'aria atleticamente bella. La maglietta bianca, sudata, appiccicata come colla al suo corpo, non lasciava nulla all'immaginazione. Mi immagino la mia faccia : bocca socchiusa, occhi spalancati. Perfetta espressione da ebete. E visto che non sono in un film, il bellissimo moro dagli occhi verdi che a pochi metri da me correva, con I-pod e cuffie al seguito, che potevo sentirlo ansimare, ecco quel moro non si accorse di me. Nessun colpo di scena. Niente. Continuò per la sua strada. Anzi tornò anche indietro correndo incontro a una magnifica biondona, bellezza statuaria, bella anche con un sacchetto nero della spazzatura, la abbracciò e se la baciò. Ovvio. Un figo con una figa. Richiusi di scatto il librone, lo misi in borsa e mi incamminai verso casa. Io odio la domenica pomeriggio.

martedì 17 aprile 2012

Per la prima volta scriverò di me. Perchè, per la prima volta ho vinto un concorso letterario. Sono arrivata seconda, ma che soddisfazione. Eccola, la mia creatura. "L'invito" Di Martina.

Fa freddo, tanto freddo. Ti resta addosso, ti entra dentro, fino alle ossa e ti congela, forse anche l'anima. E questo gelo che sento rappresenta tutto quello che di meglio ho da offrire. Niente. Semplicemente niente. Un oceano di neve e ghiaccio, un deserto di freddo e nulla. Completamente nulla.
Cosa potrà mai offrire un ragazzo di sedici anni, che non sa nemmeno lui cosa vuole?
Io non so più chi sono. Il vuoto che ho dentro pulsa e si allarga, si stringe, fa male. Fa male respirare, fa male alzarsi ogni mattina, fa male guardarmi allo specchio e sapere che anche oggi, nessuno mi strapperà un sorriso. Perché il mio sorriso te lo sei portato via tu. Perché tu senza nessun preavviso te ne sei andata, portandoti dietro tutto quello che di buono c'era. Tutto. Stasera ho deciso di uscire, evadere, da quella casa troppo piccola e soffocante che mi ricorda costantemente te. La tua assenza riempie le mie giornate. La rabbia infuoca i miei gesti e le mie parole. Il dolore non lascia più spazio ai deboli sorrisi. E' tutto un eterno buio, un eterno non essere, un nulla pieno di te.
Il naviglio stanotte ha un richiamo affascinante. Ma non bello. Le stelle e la luna si rispecchiano sulle sue acque, tremano appena. Niente ferma il loro flusso, il percorso che il destino gli ha posto davanti, niente potrà mai fermare il suo corso. Tutto va come deve andare. E forse anch'io dovevo trovarmi qui stasera, perché così doveva essere. Forse da qualche parte è scritto così: in una notte di metà gennaio, Andrea si troverà sulle sponde del Naviglio Martesana, a pensare alla sua squallida vita, così vicino all'acqua da poterla toccare. Forse però. In questo anno, il dolore è stato il mio fedele compagno. Mi ha stretto nella sua stretta mortale, fino a farmi soffocare e ora mi confondo in lui. Forse l'odio accompagnava il dolore. L'odio nei tuo confronti, l'odio per quella malattia che ti ha rubato la vita, l'odio per quell'ospedale freddo, l'odio per quel luglio spoglio e gelido. Ti odio. Non dovevi andartene. Non dovevi cedere . Perché l'hai fatto? Tu avresti voluto questo?
L'acqua sembra quasi un invito. Il suo lento scorrere, la sua profondità, il riflesso del mondo, tutto sembra un richiamo. Mi avvicino piano. Chissà se mi vorrai rivedere. Un modo per scoprirlo c'è. Un modo per fermare questo vuoto dentro. Un modo per finire questa mia vita. Un modo c'è. Forse l'acqua sarà talmente fredda da potermi congelare prima del tempo. In fondo non ho paura. Un brivido di eccitazione mi scorre lungo la schiena. La sensazione di sentirmi vivo, ora più che mai. La voglia di vederti è tanta.
Una luce mi distrae. Da una finestra si affaccia un uomo, mio padre. Mi guarda, scruta, studia. I suoi occhi corrono spaventati alla distanza che mi divide dal naviglio. Sembra quasi spaventato. E poi sorride. Così all'improvviso, mi guarda e sorride. Incredibile. Era da tempo che non lo vedevo sorridere, invece lui era li, che dalla finestra del secondo piano sembrava quasi felice. Spalanca la finestra e comincia a salutarmi. Pazzesco. Io rimango immobile, sconcertato. Mio padre mi salutava ridendo. Erano mesi che non rideva. Sento un nodo sciogliersi, un peso scomparire. Il sorriso di mio padre brillava ancora. Una reazione a catena, un domino di tenue felicità, e sorrido anch'io. Sull'acqua il mio riflesso è nitido e tanto, troppo vicino. Ho i suoi occhi. Rialzo lo sguardo e lui è li, non si è mosso. Dall'assordante silenzio di quella notte, un debole urlo echeggia tra i palazzi: “ Andrea ti voglio bene”. Era tornato. Non so cosa fosse successo, se la luna o il vino avessero fatto qualcosa di strano a mio padre, però l'importante era che fosse tornato. Non oso pensare a cosa stavo per fare quella notte. L'avrei fatto, se solo non l'avessi visto sorridere. Forse sei stata tu a dirglielo. Forse l'hai convinto a tornare per me. Mi asciugo le lacrime correndo vado verso casa.
Stasera sono un po' meno solo. Papà è tornato.
Mi manchi mamma.

mercoledì 11 aprile 2012

Sii vera come un'alba. Piena come la luna. Sii forte come un quercia, e flessibile come il bambù. Sii te stessa, nella notte e nella luce del sole. Sii vera, sempre, come il vento.