martedì 17 aprile 2012

Per la prima volta scriverò di me. Perchè, per la prima volta ho vinto un concorso letterario. Sono arrivata seconda, ma che soddisfazione. Eccola, la mia creatura. "L'invito" Di Martina.

Fa freddo, tanto freddo. Ti resta addosso, ti entra dentro, fino alle ossa e ti congela, forse anche l'anima. E questo gelo che sento rappresenta tutto quello che di meglio ho da offrire. Niente. Semplicemente niente. Un oceano di neve e ghiaccio, un deserto di freddo e nulla. Completamente nulla.
Cosa potrà mai offrire un ragazzo di sedici anni, che non sa nemmeno lui cosa vuole?
Io non so più chi sono. Il vuoto che ho dentro pulsa e si allarga, si stringe, fa male. Fa male respirare, fa male alzarsi ogni mattina, fa male guardarmi allo specchio e sapere che anche oggi, nessuno mi strapperà un sorriso. Perché il mio sorriso te lo sei portato via tu. Perché tu senza nessun preavviso te ne sei andata, portandoti dietro tutto quello che di buono c'era. Tutto. Stasera ho deciso di uscire, evadere, da quella casa troppo piccola e soffocante che mi ricorda costantemente te. La tua assenza riempie le mie giornate. La rabbia infuoca i miei gesti e le mie parole. Il dolore non lascia più spazio ai deboli sorrisi. E' tutto un eterno buio, un eterno non essere, un nulla pieno di te.
Il naviglio stanotte ha un richiamo affascinante. Ma non bello. Le stelle e la luna si rispecchiano sulle sue acque, tremano appena. Niente ferma il loro flusso, il percorso che il destino gli ha posto davanti, niente potrà mai fermare il suo corso. Tutto va come deve andare. E forse anch'io dovevo trovarmi qui stasera, perché così doveva essere. Forse da qualche parte è scritto così: in una notte di metà gennaio, Andrea si troverà sulle sponde del Naviglio Martesana, a pensare alla sua squallida vita, così vicino all'acqua da poterla toccare. Forse però. In questo anno, il dolore è stato il mio fedele compagno. Mi ha stretto nella sua stretta mortale, fino a farmi soffocare e ora mi confondo in lui. Forse l'odio accompagnava il dolore. L'odio nei tuo confronti, l'odio per quella malattia che ti ha rubato la vita, l'odio per quell'ospedale freddo, l'odio per quel luglio spoglio e gelido. Ti odio. Non dovevi andartene. Non dovevi cedere . Perché l'hai fatto? Tu avresti voluto questo?
L'acqua sembra quasi un invito. Il suo lento scorrere, la sua profondità, il riflesso del mondo, tutto sembra un richiamo. Mi avvicino piano. Chissà se mi vorrai rivedere. Un modo per scoprirlo c'è. Un modo per fermare questo vuoto dentro. Un modo per finire questa mia vita. Un modo c'è. Forse l'acqua sarà talmente fredda da potermi congelare prima del tempo. In fondo non ho paura. Un brivido di eccitazione mi scorre lungo la schiena. La sensazione di sentirmi vivo, ora più che mai. La voglia di vederti è tanta.
Una luce mi distrae. Da una finestra si affaccia un uomo, mio padre. Mi guarda, scruta, studia. I suoi occhi corrono spaventati alla distanza che mi divide dal naviglio. Sembra quasi spaventato. E poi sorride. Così all'improvviso, mi guarda e sorride. Incredibile. Era da tempo che non lo vedevo sorridere, invece lui era li, che dalla finestra del secondo piano sembrava quasi felice. Spalanca la finestra e comincia a salutarmi. Pazzesco. Io rimango immobile, sconcertato. Mio padre mi salutava ridendo. Erano mesi che non rideva. Sento un nodo sciogliersi, un peso scomparire. Il sorriso di mio padre brillava ancora. Una reazione a catena, un domino di tenue felicità, e sorrido anch'io. Sull'acqua il mio riflesso è nitido e tanto, troppo vicino. Ho i suoi occhi. Rialzo lo sguardo e lui è li, non si è mosso. Dall'assordante silenzio di quella notte, un debole urlo echeggia tra i palazzi: “ Andrea ti voglio bene”. Era tornato. Non so cosa fosse successo, se la luna o il vino avessero fatto qualcosa di strano a mio padre, però l'importante era che fosse tornato. Non oso pensare a cosa stavo per fare quella notte. L'avrei fatto, se solo non l'avessi visto sorridere. Forse sei stata tu a dirglielo. Forse l'hai convinto a tornare per me. Mi asciugo le lacrime correndo vado verso casa.
Stasera sono un po' meno solo. Papà è tornato.
Mi manchi mamma.

mercoledì 11 aprile 2012

Sii vera come un'alba. Piena come la luna. Sii forte come un quercia, e flessibile come il bambù. Sii te stessa, nella notte e nella luce del sole. Sii vera, sempre, come il vento.