domenica 3 giugno 2012

Domenica pomeriggio II

Dalla finestra aperta entravano il profumo del mare e il pallido sole pomeridiano. Sdraiata sul letto, mi sentivo come graziata. Mi sentivo fortunata. Amo la domenica pomeriggio. Soprattutto d'estate. Soprattutto distesa a letto. Soprattutto con lui. La piccola finestra dava dritta sugli scogli e dal letto potevi vedere il mare fondersi con il cielo, in un punto indefinito dell'orizzonte. Tutto era perfetto. Anche la musica che gracchiava alla radio. Anche il suo lieve russare.  Lo guardavo dormire come un bambino, su in fianco, le gambe piegate e le mani strette a pugni. E russava. Faceva quasi ridere. Il petto nudo che si alzava e si abbassava, delicatamente, i capelli arruffati, la bocca tutta arricciata, schiacciata contro il cuscino, lo rendevano bello. Il mio moro. Gli diedi un bacio sulla guancia e senza far rumore mi alzai. Entrando in cucina, mi venne una voglia matta di fare una torta. Aprii il frigo e presi le uova e il latte, poi la farina, lo zucchero e il cocco. Una cocco pie, come la chiamava il mio moro.  Accesi il forno per farlo riscaldare e incominciai a fare la torta che anni prima mi aveva insegnato mia madre. Quattro uova, otto cucchiai di zucchero, dodici-quindici di farina, latte , scaglie di cocco. Semplicemente una torta da domenica. Mentre ero alle prese con l'impasto, Il Moro entrò in cucina. Stropicciandosi gli occhi, mi abbracciò da dietro, annusandomi i capelli. Mi piace che hai i capelli corti e il collo scoperto, mi disse. Di nascosto, mi immersi le dita nel cremoso impasto. Lo guardai negli occhi, con le braccia incrociate dietro. Come sei carino oggi. Io sono sempre carino. Ma quando mai. Si avvicino all'orecchio. Io sono sempre carino con te. Sussurrò piano prima di mordermi l'orecchio. Una risatina da oca giuliva uscì con naturalezza dalla mia bocca.Lo guardai dritto negli occhi, con intensità, voglia e dolcezza. Lui si avvicinò piano, socchiudendo gli occhi, guardandomi le lebbra, con tutto quell'amore che solo lui aveva. E io, che quando son felice faccio sempre la cosa più sciocca, gli sporcai la guancia di impasto. Lui si scostò, prese la scodella con l'impasto e cominciò a inseguirmi per tutta casa. Correvamo come due bambini, a perdi fiato, ridendo, urlando. Non correvo così da anni. Non ridevo così da anni. E mentre scendevo per la millesima volta dal letto, lo guardai. Il Mio Moro, a petto nudo, davanti alla finestra, con il mare che incorniciava la sua figura. il Mio Moro, che sorrideva e mi sfidava a prenderlo. Io e Il Mio Moro. Io e Lui. Amo la domenica pomeriggio.

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